Si è votato per le presidenziali in Romania, di nuovo
Dopo l'annullamento di quelle di novembre, che ha causato la più grave crisi politica nel paese dal 1989

Domenica in Romania si è tenuta per la seconda volta il primo turno delle elezioni presidenziali. La prima volta si era votato lo scorso novembre, e aveva vinto il candidato nazionalista filorusso Calin Georgescu: il risultato era però stato annullato dalla Corte costituzionale per possibili interferenze russe nella campagna elettorale e a Georgescu è stato impedito di ricandidarsi. Le decisioni sono state molto contestate e hanno aperto la peggior crisi istituzionale in Romania dalla caduta del regime comunista di Nicolae Ceaușescu, avvenuta nel 1989.
Alle elezioni di oggi ci sono 11 candidati: se nessuno otterrà più del 50 per cento dei voti, come probabile, ci sarà il ballottaggio tra i due più votati il 18 maggio. I seggi sono rimasti aperti dalle 7 alle 21 (le 20 in Italia). L’affluenza è stata del 53,2 per cento, ossia circa 9 milioni di persone su 18 milioni di aventi diritto.
Secondo i sondaggi il favorito è George Simion, leader del partito Alleanza per l’unità dei romeni (AUR) e il candidato scelto dall’estrema destra rumena dopo l’esclusione di Georgescu. È seguito a pochi punti di distanza (che variano a seconda dei sondaggi) da Crin Antonescu, il candidato europeista della larga coalizione al governo composta da Partito Socialdemocratico (PSD, di centrosinistra), Partito Nazionale Liberale (PNL, di centrodestra) e Unione Democratica Magiara di Romania (che rappresenta la minoranza ungherese in Romania). Al terzo posto c’è Nicușor Dan, candidato indipendente di orientamento liberale, attuale sindaco della capitale Bucarest.
Questi sondaggi vanno presi con cautela: a novembre non avevano minimamente previsto la vittoria di Georgescu e fino a due settimane fa dicevano che moltissime persone non avevano ancora scelto quale candidato votare.
Simion ha 38 anni ed è il fondatore e leader dell’Alleanza per l’unità dei romeni, un partito che esiste dal 2019 e ha posizioni ultranazionaliste, euroscettiche, contrarie all’immigrazione e unioniste, cioè favorevoli all’unificazione della Romania e della Moldavia. Alle elezioni di novembre era considerato il favorito ma era arrivato quarto per via della vittoria a sorpresa di Georgescu. Nonostante sia uno dei principali critici dell’annullamento di quel risultato, gli avvenimenti degli ultimi mesi sono stati per lui molto positivi: con l’esclusione di Georgescu è tornato a essere il candidato principale dell’estrema destra ed è sostenuto dallo stesso Georgescu (a cui ha promesso un incarico pubblico di rilievo qualora vincesse) e dall’amministrazione statunitense di Donald Trump, che ha molto criticato la decisione della Corte costituzionale.
Domenica Simion e Georgescu si sono sono presentati insieme al seggio di Mogosoaia, a nord-ovest di Bucarest.

George Simion a dicembre del 2024 (Andrei Pungovschi/Getty Images)
A differenza di Simion, nessuno degli altri due candidati principali si era presentato lo scorso novembre: i partiti che ora sostengono Antonescu si erano presentati separatamente con altri candidati, mentre il partito fondato da Dan nel 2016, l’Unione Salvate la Romania, sosteneva e sostiene ancora la candidata Elena Lasconi (Dan è uscito dal partito nel 2017).
Crin Antonescu ha 65 anni ed è stato un politico di lungo corso del Partito Nazionale Liberale. È stato deputato dal 1992 al 2008 e poi senatore fino al 2016: è stato ministro per tre anni, presidente del Partito Nazionale Liberale per cinque anni, presidente del Senato e anche presidente ad interim della Romania per poco più di un mese, nel 2012. La sua candidatura da parte della coalizione di governo è stata una sorpresa, dato che Antonescu non ricopre incarichi pubblici da quasi dieci anni.
Nonostante questo, se riuscisse ad arrivare al secondo turno secondo i sondaggi avrebbe buone possibilità di battere Simion e diventare presidente. In questa campagna elettorale si è presentato come un candidato rassicurante: ha detto di voler rafforzare il rapporto con gli altri paesi membri dell’Unione Europea e della NATO, di cui la Romania fa parte, ma anche di voler adottare una politica di collaborazione con Trump.

Crin Antonescu ad aprile del 2025 (ANSA/EPA/DUMITRU DORU)
La carriera di Nicușor Dan è invece molto diversa. È un matematico che ha vinto due volte le Olimpiadi internazionali della matematica e ha trascorso molti anni in ambito accademico. Nel 2015 si candidò a sindaco di Bucarest e perse, ma poco dopo fu fra i fondatori dell’Unione Salvate la Romania, un partito presentato come un’alternativa liberale ed europeista agli storici partiti rumeni scossi da ripetuti scandali di corruzione. Dal 2020 è sindaco di Bucarest.
Nonostante abbia opinioni leggermente più critiche nei confronti di Trump rispetto ad Antonescu, le idee su Stati Uniti, Unione Europea e NATO sono abbastanza simili. È molto popolare nelle città e meno conosciuto nelle zone rurali, dove invece Simion è forte: per questo motivo alcuni analisti sostengono che verrebbe sconfitto in un eventuale secondo turno contro Simion.
Nicușor Dan a marzo del 2025 (AP Photo/Vadim Ghirda)
A essere stata molto penalizzata dalla candidatura di Dan è stata Elena Lasconi, la candidata ufficiale dell’Unione Salvate la Romania. Al primo turno dello scorso novembre Lasconi era arrivata seconda dopo Georgescu, ma condivide con Dan una grande parte degli elettori e oggi è quinta nei sondaggi. In più due settimane fa alcuni esponenti del partito hanno provato a scaricarla per sostenere ufficialmente Dan: il loro tentativo non è riuscito (Lasconi è ancora la candidata ufficiale dell’Unione), ma questo le ha fatto perdere ulteriori voti.
Un altro candidato di cui si sta parlando è Victor Ponta: primo ministro del Partito Socialdemocratico dal 2012 al 2015, fu costretto alle dimissioni dopo un grande incendio in un locale di Bucarest in cui morirono 64 persone. Molte persone e alcune inchieste giornalistiche sostennero che la dilagante corruzione nel mondo della politica e nel sistema sanitario pubblico avesse contribuito ad aumentare il numero delle vittime. Al tempo Ponta uscì dal partito, fu indagato e poi assolto nel 2018. Ultimamente si è reinventato come politico nazionalista e filorusso e ha promesso che se diventerà presidente non permetterà più al grano ucraino di passare per i porti rumeni (in questo momento cruciali per l’Ucraina).
I suoi sostenitori sono principalmente ex elettori ed elettrici di Calin Georgescu e al momento è quarto nella maggior parte dei sondaggi, anche se a metà aprile in due l’avevano posto come secondo dopo Simion.
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